lunedì 21 maggio 2012

Il futuro attraverso un decreto

E' partita la discussione sul decreto flussi

Uno strumento superato oppure l'unico mezzo per regolare le migrazioni?




La storia e l'attualità del mondo è molto più complicata di quanto si creda. Le lingue parlate in giro per il pianeta ci raccontano di una storia passata dove erano le potenze europee a spostarsi negli altri continenti. Vedere oggi nei migranti, quindi nei decreti flussi che ne regolano o limitano l'accesso regolare, un'onda fatta di persone sprovvedute che si ammassano ai confini per entrare e per non trovare altro che disoccupazione è un errore grossolano. Mettere sullo stesso piano l'arrivo o la regolarizzazione degli immigrati con l'aumento della disoccupazione serve solo ad alzare la tensione; quando poi queste affermazioni arrivano da fonti istituzionali assumono anche un carattere di verità ineluttabile. Ma non è la realtà; o meglio, è solo una parte del problema. Quella che apparentemente si risolve in modo semplice: niente decreto flussi. 

La materia è senza dubbio complicata, un po' come i flussi dei migranti che in molti hanno paragonato ad un piatto di spaghetti difficile da comprendere nelle sue linee di sviluppo, nelle sue traiettorie. Ma andiamo per passi. Pochi giorni fa il Ministro dell'Interno Cancellieri ha confermato una scelta già fatta dal governo Berlusconi, annunciando che nell'arco dell'anno non ci sarà alcun decreto flussi. Se poi questo strumento sia mai effettivamente servito per far arrivare persone dall'estero con un contratto di lavoro in mano e senza aver mai conosciuto il cosiddetto datore di lavoro lo lasciamo alla fantasia del lettore. Da parte nostra ci limitiamo a ricordare che nell'ultimo anno, dati alla mano forniti dall'ENM, circa 600.000 permessi non sono stati rinnovati, molti dei quali per motivi di lavoro, e che nell'arco di due giorni il decreto flussi per lavoro stagionale ha visto l'esaurimento delle quote messe a disposizione. Si tratta di un campanello di allarme che dice una cosa: le file delle persone senza permesso si stanno ingrossando. Alcuni tornano nel proprio paese; altri diventano invisibili lungo lo stivale.

Certo; in un periodo di crisi come questo le ben note truffe sui decreti flussi, basate su proposte di lavoro false rilasciate dietro pagamento, potrebbero aumentare. Ma non è negando un rapporto di lavoro veritiero che si da una mano al processo di integrazione. Inoltre non si può addossare ai lavoratori stranieri la colpa di una crisi che ha ben altra origine e che proprio i migranti stanno pagando più di altri, abbandonando un progetto migratorio che avrebbe fatto bene a loro stessi e a tutti noi. 

C'è chi sostiene che a fronte del numero crescente di disoccupati, consentire l'arrivo di nuovi stranieri rischia di alimentare tensioni razziali e gli atti di discriminazioni, fornendo alle destre nazionaliste un'occasione per sfoderare la loro peggior e controproducente retorica. Ma la disoccupazione può essere affrontata semplicemente evitando che le fila dei senza lavoro aumentino? Crediamo di no, perché un Paese, e un continente, che invecchia, se vuole guardare al futuro, deve semplicemente sapere che senza l'arrivo (seppur minimo) di nuove persone, probabilmente la crisi è solo destinata ad aggravarsi. Questa azione, però, deve necessariamente essere associata ad una politica per il lavoro, che tolga lo scettro all'alta finanza per darlo in mano alle genti che popolano l'Europa.

La nostra opinione è che il sistema delle quote è un sistema di programmazione che non funziona, se mai abbia davvero funzionato, e che va superato. La difficile situazione economica può spingere a pensare a strumenti davvero efficaci, che contrastino il ritorno del sommerso senza colpire le vittime, cioè le persone prive di permesso di soggiorno. Decidere semplicemente di non fare un decreto flussi è un modo errato di porre la discussione.

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